Quando il Trento mi ha dato l’opportunità di tornare non ero un grande atleta.
Il pallavolista Jack Sintini è l’ospite della diciottesima puntata di “Solo chi c’ha Fede, il lato umano dello sport”.
Testardo e sensibile l’atleta conosciuto per essere un esempio di rinascita svela: “Quando ero bambino avevo il sogno di diventare calciatore professionista, poi a dodici anni circa ho avuto una crescita improvvisa, ho perso di coordinazione, ho perso la capacità di correre come prima e di trattare la palla con i piedi, così il mio sogno è stato spaziato via. Mi sono sentito frustrato, ci credevo, perchè ero bravino e tutto un tratto mi son sentito messo da parte”.
Andando a vedere una partita di suo fratello capisce che la pallavolo può essere il suo sport che lo porta a intraprendere la carriera, ma a 32 due anni un linfoma cambia improvvisamente la sua vita: “Sono stato catapultato dai campi internazionali di pallavolo a un ospedale. La prima cosa che ho cercato quando mi sono ammalato è stata una squadra, perchè nella mia vita non ho mai vinto nulla da solo: medici, infermieri, volontari e della mia famiglia. Mi sono concentrato su quello che potevo controllare e ho cercato di concentrarmi come preparavo un grande torneo e su quella che poteva essere la mia prestazione”.
Il rientro a quattro mesi dal trapianto: “Il Trento è quel club incredibile che mi ha fato l’opportunità di tornare ad alto livello nonostante non fossi ancora pronto, questo ha portato la mia motivazione alle stelle per essere all’altezza di quella chance che mi stavano dado. Ho ripreso l’idoneità agonistica a quattro mesi dal trapianto, ma non ero un grande atleta”.
La famiglia è stato uno dei suoi punti di forza e racconta un piccolo aneddoto sulla madre: “Prima della malattia non è mai venuta a vedere una mia partita, poi ha detto che poteva sopportare un’emozione così grande, nulla a confronto della paura di perdermi”.
15 marzo 2019