Come i migliori fisici e teorici matematici stanno provando a dimostrare, ci sono alcune possibilità che esistano uno o più universi paralleli a quello in cui viviamo. Nell’attesa di confutare o meno tale tesi, per adesso noi umani proviamo a immaginare come possa essere fatta questa nuova dimensione inesplorata. A dire il vero però, anche adesso, in base alla definizione che noi umani ne diamo, qui sulla terra abbiamo già un esempio di qualcosa che può essere catalogato come “universo parallelo”. Se prendiamo come retta principale lo sport, la sua parallela sono gli sport per disabili: i così detti sport paralimpici. La scorsa settimana abbiamo avuto l’opportunità di scambiare due parole con una delle giocatrici della nazionale femminile italiana di Sitting Volley: Nadia Bala.
Una chiacchierata che ci ha permesso di conoscere meglio questo universo parallelo dello sport. La chiamiamo al telefono. Lei, molto disponibile e dolce nei nostri confronti, ammette di essersi dimenticata dell’intervista, ma con rapidità degna di un atleta olimpica, interrompe tempestivamente tutto quello che stava facendo per fiondarsi nella chiacchierata. È un vero e proprio apostolo del suo lavoro Nadia: Si sente come abbia molta voglia di parlare, e come reputi importantissime le interviste per diffondere il suo messaggio. Come prima cosa ci tiene a sottolineare un errore comune quando si parla di sport per disabili: “lo so, lo dicono tutti, ed in effetti anche il t9 sbaglia! Non si dice “sport paraolimpici”, ma sport “paralimpici”. Anche su word succede la stessa cosa…”. Superata questa sana ignoranza generale, continuiamo il discorso sui binari delle nozioni di base da sapere. Quando le poniamo la domanda delle domande, “cosa sono gli sport paralimpici?”, Nadia ci esprime un concetto che riprenderemo più volte nel corso della telefonata: “gli sport paralimpici sono OPPORTUNITA’, rimettersi in gioco e vivere bene. Come classificazioni invece, se si parla più della parte tecnica dei nostri sport, ne esisto dieci mila diverse! Nel Sitting Volley, ad esempio, Si può essere classificati come disabili o minimo disabili, si può avere solo un certo numero di atleti in squadra con tali caratterisctiche… e questo solo per il mio sport! Nelle altre discipline ci sono regole completamente diverse. È molto complicato il tutto, ci sono medici esperti che lavorano apposta nel settore. Di controlli non ne mancano! Ovviamente lo si fa per scongiurare il rischio dei finti invalidi…”. Di carne a cuocere a questo punto c’è ne è già tanta: tentiamo di mettere un po’ d’ordine partendo con il riprendere il concetto di sport paralimpico come opportunità: “sì, trovo che sia un’opportunità di rimettersi in gioco in tutti sensi, nella vita, nello sport… non importa se tu non abbia mai praticato nessuna attività sportiva. Poi certo, per gente come me, gli sport paralimpici sono una vera e propria salvezza, visto che praticavo pallavolo già prima della malattia , e quindi per me essere potuta tornare a giocare è tutto! Senza gli sport paralimpici gente come me non farebbe nulla. Invece no! Possiamo rimetterci a giocare e continuare a divertirci”. È visibilmente emozionata mentre ne parla, e anche a noi sinceramente il cuore inizia a battere forte. Sono parole vere quelle che stiamo ascoltando. Proviamo quindi ad entrare più in profondità nelle sensazioni che un atleta come lei vive. Chiediamo allora quale siano le loro opinioni su tutte queste classificazioni e quale sia il loro rapporto con questi continui controlli: “sono sincera… la prima volta quando ti ritrovi davanti a una commissione che deve decidere “quanto sei disabile”, è un po’ imbarazzante..! ma dopo tutto è giusto per le regole. Senza non potrebbe esistere la competizione. Con normodotati perderemo sicuramente, neanche a dirlo!”. La conversazione è molto piacevole, spaziamo su vari argomenti trovando sempre interessanti opinioni sulle quali dibattere. Quando le chiediamo come pensi che il CONI e lo stato italiano si stiano muovendo, nei confronti delle persone invalide, Nadia non ha dubbi: “ti risponderò così… Grazie a Pancalli (Presidente del Comitato Italiano Paralimpico, n.d.r.) e al comitato italiano paralimpico, il mondo dello sport per disabili sta cambiando. È un qualcosa di gigantesco, la gente forse non se ne rende conto, ma stanno avenendo fortissimi cambiamenti. Pancalli sta facendo la storia, non solo dello sport, ma di come le persone disabili vengono viste nel mondo. Nessuno ci definisce più “handicappati”. C’è molta più attenzione nei nostri confronti. Ci proteggono, siamo una grande famiglia come piace dire a Pancalli. E noi siamo onorati di averlo come “padre”, è un vero e proprio punto di riferimento”. È chiaro che sia una ragione di vita lo sport, ma spesso, come ci dice Nadia, è anche un modo di raccontare la propria vita a qualcuno con cui si sa di potersi confidare ed essere capiti: “ogni volta che incontriamo qualcuno di nuovo che viene a giocare con noi, ci raccontiamo sempre le nostre storie. Siamo aperte, perché abbiamo superato il lutto. Il momento “oddio sono disabile” è passato. Per me fare questa intervista significa speranza. La speranza che la possa leggere un’altra persona che si trova nelle mie condizioni e che possa prendere spunto per dire “va bene, andiamo avanti che c’è sempre un’altra possibilità”. Viaggio molto nelle scuole, per poter dire a tutti di fare sport. In tutte le sue forme! Essere una persona con “abilità diverse”, non significa essere inferiori a nessuno. Valiamo tutti 10, bisogna dirlo a se stessi. Buttarsi in una palestra e rimettersi in gioco. Mai fermarsi, perché senno si rischia di farsi scivolare addosso la vita e sinceramente non ne vale proprio la pena…”. Dimostra una forza unica Nadia, che ci dice di avere soprattutto grazie allo sport: “ti aiuta tantissimo, ti fa sentire bene e ti fa credere più in te stesso. Per questo bisogna iniziare a praticarlo. Ti fa essere anche più ottimista. E poi ti fa conoscere, ti fa sentire in una famiglia. Quando ti alleni, quando gareggi, sempre. Significa mettere in gioco la propria passione… insomma, vuol dire un sacco di cose!”. Ma soprattutto, come ci diciamo a fine chiamata prima di salutarci, vuol dire stare bene, e vuol dire trovare una ragione in più per sorridere alla vita. Per questa, e altre mille ragioni, lo sport paralimpico è una bellissima parentesi di vita che tutti devono conoscere!
Jack Sintini, Adriano Bertone
25 luglio 2017