Pedalata solidale per il Cro di Aviano

850 chilometri in bicicletta da Aviano a Budapest, per raccogliere fondi in favore del Cro-Centro di riferimento oncologico. L’idea è venuta ai gemelli Giacomo e Francesco Rossetto e al progettista Anto Bortolus.

 

INTERVISTA A GIACOMO ROSSETTO

 

Cominciamo dall’inizio… come è nata la vostra passione per la bicicletta?

Io e Francesco abbiamo conosciuto Anto nel 2010, anno in cui abbiamo iniziato a condividere qualche giro in bici. La passione della bicicletta di noi fratelli gemelli comincia a nascere in quel periodo. Proprio Anto è stata una delle persone che ci ha introdotti in questo mondo. Con gli anni le condivisioni sulle due ruote sono via via aumentate.  Abbiamo sempre amato fare camminate in montagna, sciare, giocare a pallavolo, fare dello sport in generale, ma la bicicletta ha avuto la meglio su molte altre iniziative. Una passione via via crescente che ci accompagna quasi tutto l’anno. Aviano-Budapest è stato il nostro primo giro a tappe insieme, che abbiamo voluto arricchire con il progetto della pedalata solidale.

 

Non è la prima volta che avete messo questa passione a servizio della solidarietà…

Vero, non è la prima volta che abbiamo pensato a qualcun altro in un viaggio. In particolare, ho frequentato un corso a Pordenone organizzato dal Pem (Preparazione  del 2015 e i primi del 2016, per poter vivere, di conseguenza, un’esperienza di volontariato. Mi sono aggregato a Missio Giovani Italia e per tutto il mese di agosto 2016 ho vissuto in un villaggio sperduto in mezzo alla Tanzania presso la missione di Kibakwe. E’ stata un’esperienza intensa e significativa e per aiutare la comunità di suore che gestiscono la missione e contribuire, anche se in piccola parte, alla realizzazione dei loro progetti, ho pensato di creare e stampare dei calendari con foto che illustrassero la realtà della missione stessa. Ovviamente ho inviato il ricavato alle care suorine.

In quell’occasione la bicicletta non è servita a nulla, ma è stata comunque un’esperienza -un pretesto- che ha fatto nascere l’idea di associare alla pedalata, che doveva e poteva essere solo per noi, un pensiero rivolto a qualcuno.

 

Quando avete cominciato a pensare, in particolare, al progetto in favore del Cro di Aviano?

Un po’ scherzando, nella primavera di un anno fa, davanti a una pizza, abbiamo iniziato a progettare un viaggio a tappe. Vienna era la prima destinazione pianificata, destinazione che si è successivamente allungata sino a Budapest per il desiderio di abbracciare non solo una persona, ma due: a Vienna vive nostra sorella Giulia, a Budapest, invece, c’è un’amica di famiglia, Dora, nostra ospite per circa due mesi in seguito a un progetto scolastico presso la primaria di Roveredo -quindi tramite nostra mamma Daniela.

Se all’inizio cercavamo di progettare il viaggio e il tragitto pensando quasi interamente alla nostra passione della bici, in seguito abbiamo iniziato a chiederci se potevamo fare due cose in una. Riferendosi all’esperienza missionaria dell’estate precedente, inizialmente pensavamo di fare qualcosa per una realtà missionaria africana. Una visita di accertamento presso il Cro di Aviano, due battute con un medico, l’osservazione di qualche paziente, seduto con gli occhi chiusi, in attesa, ci ha fatto orientare diversamente. Abbiamo ridotto il campo visivo all’Italia e alla provincia di Pordenone in cui viviamo: perché non rivolgerci a una realtà locale? Ecco quindi l’idea di rivolgerci al centro oncologico pensando di poter raccogliere fondi a sostegno della ricerca.

Il progetto ha fatto nascere non solo un sito web e pagina facebook -tutto home made- ma anche un dialogo con alcuni componenti della struttura che ci hanno supportato durante l’intero progetto, prima durante e dopo.

Grazie a questo dialogo, Budapest non è diventata una meta finalizzata solamente a trovare e a salutare una persona, ma una meta importante dove noi in bicicletta eravamo dei messaggeri spediti da Aviano sino al centro oncologico di Budapest.

 

In quanti si sono uniti a voi nel viaggio verso Budapest?

Riferendosi alla pedalata concreta, ovvero quella che abbiamo percorso fisicamente, non sono molte le persone che si sono unite in questo viaggio: essendo il progetto nato ufficialmente, ufficializzato e pubblicizzato nel mese di luglio, non abbiamo potuto progettare un viaggio che prevedesse l’affiancamento di persone. Chiunque lo avesse desiderato, comunque, avrebbe potuto aggregarsi. Il periodo, inoltre, non ha aiutato: partenza il 10 agosto con l’arrivo a destinazione nel giorno di Ferragosto. I primi chilometri, comunque, chi per 5, chi 10, chi 20 km, li abbiamo percorsi in compagnia di alcuni conoscenti e altri sostenitori, tra questi il gruppo ciclistico “Plais” formato perlopiù da medici del Cro stesso.

Circa la pedalata virtuale, ovvero quella effettuata da casa donando 1 euro per ogni chilometro che si voleva percorrere -ovviamente virtualmente- il numero è stato più cospicuo. Al 3 marzo sono 56 i sostenitori che hanno percorso in totale -e quindi donato- 2000 km (quindi 2000 euro).

 

Come vi hanno accolto nelle varie tappe?

Come accennato, avendo pubblicato il percorso e l’iniziativa solo a luglio, non siamo riusciti a fare molto per coinvolgere le persone nel nostro viaggio. Abbiamo contato sui mezzi mediatici usando piattaforme interattive, come Facebook, sul passaparola e sugli articoli di giornale.

La partenza è stata davvero emozionante, ci aspettavamo due-tre persone ma, a nostra insaputa e a sorpresa, si sono presentate molte persone, alcune accorse direttamente in bicicletta; non sono mancate interviste sia per testate giornalistiche, sia per la televisione regionale.

Nelle varie tappe venivamo accolti come dei semplici ciclisti: non ci facevamo identificare presentando la nostra iniziativa. Alcuni segni potevano, comunque, far insorgere delle domande: la macchina, che fungeva da supporter, munita di una scritta sul lunotto posteriore e guidata da nostra madre e le T-shirt create ad hoc, con percorso e logo, che indossavamo la sera per la cena nelle varie tappe.

Come siamo stati ben salutati alla partenza, anche all’arrivo siamo stati accolti bene, seppur in modo differente, senza bicicletta in mano. Dopo l’arrivo, la sera del 15 agosto, stanchi e felici dopo aver percorso e concluso l’ultima tappa, la più lunga, di 165 km; ci siamo presi, giocoforza, un giorno di pausa. L’appuntamento con il direttore scientifico del centro di riferimento oncologico di Budapest era infatti previsto il 17 agosto, giornata in cui il direttore tornava da un viaggio di lavoro.

In quell’occasione abbiamo donato la nostra maglia e abbiamo ricevuto un libro sulla storia della struttura.

Dopo una visita alla struttura oncologica della città ungherese, i cui operatori già condividono esperienze con il Cro di Aviano, ci siamo salutati e Peter, il direttore scientifico che pedala ogni giorno per andare al lavoro (26 chilometri all’andata e al ritorno), invogliato a copiare la nostra iniziativa ci dice sorridente: “Perché non partire da Budapest e arrivare ad Aviano?”. Aspettiamo con fiducia.

22 marzo 2018

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